In queste settimane si è parlato di flessibilità del sistema previdenziale come un ulteriore aumento delle spese per lo Stato e per le casse dell’Inps. Ma è davvero così?
Dalla Commissione Lavoro arrivano pareri favorevoli in merito fin dalla passata legislatura, come dimostra la presentazione alla Camera del disegno di legge inizialmente firmato da Damiano, Baretta e Gnecchi e riproposto con le sole firme di Damiano e Baretta nei primi mesi del 2015.
Tale proposta di legge prevede anche una misura ad hoc per i lavoratori precoci: si tratta della Quota 41, grazie alla quale sarebbe possibile andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica.
Pensioni flessibilità in uscita: sono vere le stime sulle spese?
Chi si esprime contro le opzioni di pensioni flessibilità impugna soprattutto le stime Inps, che parlano di un costo per le casse statali pari a circa 8-10 miliardi di euro.
Queste cifre devono essere approcciate con attenzione, in quanto prima di tutto si basano sulla situazione di platee potenziali e non sull’effettivo status quo.
Pensioni flessibilità ultimissime: non tutti i lavori sono uguali
Un errore non indifferente di chi parla di costo eccessivo per le pensioni flessibilità riguarda il fatto di considerare tutti i lavori come uguali.
Ci sono professionisti come gli infermieri e le maestre d’asilo che in generale tendono maggiormente ad anticipare la pensione, e figure come i medici e i dirigenti d’azienda che spesso decidono di proseguire per più tempo con l’attività lavorativa per non rinunciare a una fetta consistente del reddito mensile.
Pensioni flessibilità: il ragionamento sul lungo termine
Per argomentare con coscienza dei costi di pensioni flessibilità è opportuno considerare il medio e lungo termine.
Trattandosi di una riforma delle pensioni non si possono escludere effetti sulle casse Inps, ma è necessario pensare anche agli esiti di una forma di pensionamento flessibile proiettati sul lungo periodo.
Pensioni: un esempio di applicazione della flessibilità
Per capire qualcosa di più sulla questione della flessibilità in relazione al sistema previdenziale, è utile chiamare in causa un esempio concreto.
Prendendo come punto di riferimento la proposta Damiano per la pensione anticipata a 62 anni con almeno 35 di contributi, consideriamo il caso di un lavoratore dipendente a tempo pieno con un netto mensile di 1.429€ e senza nessun familiare a carico.
Tenendo ferma l’applicazione a tutti i lavoratori del sistema contributivo a partire dal 1° gennaio 2012, l’onere totale per il versamento della pensione anticipata decurtata ogni anno del 2% sarebbe pari a 384.200€ (speranza di vita a 84 anni secondo i dati Istat del 2010).
Quali sarebbero invece le cifre in caso di pensione versata a partire dai 66 anni? In questa circostanza si parlerebbe di una cifra complessiva pari a 363.600€.
I dati parlano chiaro: la flessibilità in uscita proposta da Damiano e Baretta comporterebbe per le casse dell’Ente un risparmio del 4,2% circa.